San Benedetto del Tronto, 30 maggio 2011.
Storia della fine di un’era. Storia della caduta di un Impero. Di un’idea. Di un uomo. Di un progetto. “Che un uomo solo possa fare quello che un Paese non riesce a fare”. S.B. è stato più che un uomo politico, un’idea. La rassicurante idea che bastasse la capacità di una persona a risollevare il problema del Paese. E questo popolo italiano, come già in passato troppo spesso è accaduto (da Federico II a Napoleone, a Mussolini), per 17 anni si è lasciato cullare dall’illusione che la capacità di un solo uomo bastasse a migliorare la vita di tutti. E per 17 anni il popolo italiano si è cullato dietro il “sogno berlusconiano”, dietro il “miracolo italiano” dell’uomo che si è fatto da solo (con i suoi compromessi) e che ad un certo punto ha deciso di rifare l’Italia.
S.B. è stato sconfitto. Sconfitto nella maniera più bruciante: ha perso doveva doveva perdere (come qui a San Benedetto, nelle Marche, in Emilia Romagna e in Piemonte), ma ha straperso dove doveva vincere. Ha stra-perso con percentuali bulgare nelle due grandi città dove tutta la sua influenza personale e personalistica avrebbe dovuto confermare la sua immagine e la sua popolarità: Milano, la sua città, la città che da vent’anni lo proclama e lo blandisce, la città alla quale ha regalato l’onere e onere di organizzare l’Esposizione Universale del 2015; e Napoli, la città dell’intervento diretto del Presidente operaio, la città onorata di ben 3 sedute del Consiglio dei Ministri, la città che doveva personalmente ripulire dall’immondizia lasciata dai governi di sinistra.
Oggi non ha perso il PDL, ha perso Berlusconi. Anche perché il PDL non può perdere, per il semplice fatto che il PDL non esiste. È stato nient’altro che un’invenzione di quest’immagine di politico dell’immagine che è S.B.
Ed ora non possiamo altro che guardarci i titoli di coda di un film passato per troppe volte in televisione.
È la fine. THE END. La fine di un modo stesso di fare la politica, tutta incentrata su di sé, sulla propria immagine e reputazione. Una politica non fondata sulle idee (ah, le tanto bistrattate idee, diventate merce da macello dell’ideologia!), ma fondata esclusivamente sulla comunicazione di una persona. E non tanto di una persona per come è: ma dell’immagine che una persona riesce a dare.
La fine di S.B. segna la fine della politica degli ultimi 17 anni. Segna la fine di questa immagine di politica tutta centrata su di sé, sull’immagine di sé. Tutta centrata sulla propria affermazione personale, indipendentemente da ciò che si afferma. La politica dei nomi dei leader nei simboli di partito. La politica dei Porta a Porta e dei Matrix, dei Ballarò, degli Annozero e degli Infedeli, della passerella mediatica per l’affermazione di tutto e del suo contrario pur di apparire nell’agone politico. La politica degli eletti nominati dall’alto dai padri padroni scritti nei simboli di partito, che non conoscono nemmeno chi li vota.
La fine di S.B. segna la fine di tutto questo mondo, che possiamo veramente chiamare Seconda Repubblica.
E chi ha vinto non dovrebbe gongolare. Non dovrebbe gioire. Perché la sconfitta di S.B. segna la sconfitta anche di loro. Segna l’inevitabile loro tramonto, perché mette in luce l’assenza di una qualunque alternativa. L’assenza, incancrenita in 17 anni, di una qualsiasi idea di Bene Comune e di idea positiva per il popolo.
Gli ultimi 17 anni sono stati caratterizzati da due coordinate politiche: il personalismo narcisistico di leader di vario livello; il rigorismo tecnocratico del rispetto dei conti pubblici dei vari ministri delle finanze. Dentro a questi due confini, non poteva esistere nient’altro: e quindi da una parte le tasse per entrare in Europa, dall’altra le leggi ad personam per assicurarsi l’impunità; da una parte il decentramento amministrativo per sgravare lo Stato di costi, gravando così gli enti locali; dall’altro il Federalismo secessionista che desidera un nuovo centralismo locale, per l’affermazione del leader locale di turno. Esempi concreti?
- Tasse per entrare in Europa: vi ricordate quando il condottiero S.B. organizzò il “Dies IRAP” contro la tassa sulle attività produttive voluta dai governi di sinistra per permettere un maggior gettito alle casse dello Stato e permettere il rispetto dei parametri del’Unione Monetari? Bene nei successivi dieci anni di Governi presieduti da S.B. tale tassa non è stata mai toccata, diminuita o soppressa, tale è la fame di pareggio dei conti pubblici che anima il rigorismo politico economico italiano;
- Leggi ad personam: non mi riferisco solo a quelle di cui si accusa S.B. per assicurarsi l’impuntà dai processi penali ai quali è sottoposto, ma anche e soprattutto quelle ben più gravi che hanno permesso ad aziende morte e praticamente fallite, come Alitalia e Fiat di sopravvivere grazie il contributo di tutti: vi ricordate gli incentivi per le auto? Ora Fiat sta finalmente uscendo dai mercati italiani vendendo il mercato italiano dell’auto a General Motors, dopo che, al contrario ha fatto chiudere centinaia di aziende dell’indotto (anche miei amici e conoscenti sono finiti nel calderone), semplicemente non pagandoli. Vi ricordate poi il “carrozzone” Alitalia? Con una bella legge “ad aziendam” abbiamo permesso che i debiti di Alitalia fossero pagati dallo Stato (rectius, dalle tasse del popolo) e che la stessa azienda semplicemente cambiando nome momentaneamente si ripulisse di tutti i propri debiti, fornendo utili milionari agli investitori del momento, senza tra l’altro le conseguenze negative (ad esempio la bancarotta), che accadono per tutte le altre aziende;
- Il decentramento amministrativo: la grande idea di Bassanini di delegare funzioni dallo Stato alle Regioni e dalle Regioni agli Enti locali. In questo modo l’effetto prodotto è stato bellissimo: alle Regioni è finita la competenza in materia di sanità, senza che queste avessero una adeguata classe dirigente capace di gestire il servizio pubblico più importante di tutti (tutela della salute), dall’altra la costituzionalizzazione del solo decentramento amministrativo ha moltiplicato soltanto il contenzioso e la confusione costituzionale, producendo una paralisi nello sviluppo delle autonomie locali e trasformando l’intero mondo degli enti locali in un sistema di drenaggio di soldi pubblici e un sistema di Enti paralleli agli Enti tecnici, con duplicazione di costi e sprechi, cosicché l’Assessorato alla Sanità fa le stesse cose che fa l’Azienda Sanitaria Regionale; questa fa le stesse cose che fanno le Province, le quali fanno le stesse cose che fanno le Università e le Scuole, le quali si trovano a dialogare in tavoli con Comuni, Ambiti Sociali e tavoli di concertazione sindacali, ecc.;
- Il federalismo poi è l’ultima boutade di un modo di far politica personalistico e localistico, tanto caro agli amministratori del Nord, che non fanno altro che portare alle spasmodiche conseguenze il metodo politico brianzolo di S.B. “Ghe pensi mi!” Infatti i promotori del c.d. federalismo, a parte qualche nobile padre che cerca di “valorizzare il dente di cane morto”, altro non sono che politici navigati che capiscono che aumentare le competenze in mano agli enti locali, fa aumentare la loro personale visibilità e, pertanto, fa aumentare la loro possibilità di perpetrarsi nei posti di visibilità mediatica. Basti guardare alle recenti polemiche sullo spostamento dei ministeri fuori Roma, che è una proposta che non c’entra niente con il Federalismo (negli U.S.A. le sedi dei dipartimenti sono tutte a Washington e non sono sparpagliate per l’intero stato federale; diverso è il caso della Germania che però nasce da un’esperienza di recente divisione poi riunita e che comunque sta riportando tutte i centri amministrativi a Berlino), ma che è solo l’estremo tentativo di darsi una visibilità locale, un modo per non perdere posizioni.
Insomma, nel continuo spostamento di attenzione, tra personalismo politico e tecnocraticismo contabile (in una battuta si potrebbe dire dire che negli utlimi 17 anni l’Italia è stata governata da nani, ballerine e ragionieri!), quello che si è perso è il popolo. Si è perso il contatto con la vita concreta. Con i problemi e con le soluzioni che la vita concreta sempre suggerisce. Si è perso tempo. Confindustria dice che si sono persi 10 anni. In realtà se ne sono persi almeno 30. Dal tramonto di un sistema di rappresentatività del popolo fondato sui partiti antifascisti, alla lunga e ancora non conclusa stagione di S.B. (che però è innegabile stia tramontando essa stessa), quello che è stato perso (da chi si candida alle elezioni) è proprio il senso del popolo: il senso dell’appartenenza ad un popolo, ad una storia, ad una tradizione, ad una vita concreta, fatta di strada, di dialogo, di comunicazione non virtuale, di file al supermercato o alla posta, di passeggiate su un lungomare, di lavoro perso o rimandato per scrivere pensieri in un computer. Si è perso il senso del “popolo popolo”. Ovvero si è perso il contatto con chi veramente è il protagonista di ogni sistema politico (anche autoritario o dittatoriale moderno).
E la storia in questo è spietata nel suo costante insegnamento: quando il potere politico perde contatto con il popolo, quando si perde la percezione di come il popolo vive e si muove, di cosa il popolo vuole e fa, quando il potere politico perde questo contatto (basti pensare alle monarchie assolute dell’era moderna, o alle dittature massoniche del centro-sudamerica o infine alla povertà e alla guerra perenne, conseguenze del colonialismo selvaggio del Otto-Novecento), il popolo può solo scegliere la via più semplice e più istintiva e pertanto, o lasciarsi nel lassismo più completo fino all’autodistruzione (come avviene nelle ricche e disperate demoscrazie occidentali ed europee), oppure può affidarsi al magistrato giacobino di turno, si chiami Robespierre, Lenin, Mussolini o Di Pietro, il quale con brutale semplicità non fa nient’altro che offrire (come Nerone duemila anni fa) al popolo ciò che essi chiedono in superficie per poi riprendersi con gli interessi quello che il popolo ha offerto, in contraccambio: la profondità della propria dignità e la propria libertà.
Sto esagerando? Forse sì. O forse no. Forse non esageravano quelli che criticavano il modo con cui Mussolini, “legalmente” andò al potere con il plauso di tutti i ben pensanti dell’epoca, in quanto questi vedevano in lui il “male necessario” per ripristinare l’ordine?
Forse non esageravano quelli che criticavano il “tecnicismo al cetriolo” dell’Europa Unita, dicendo che si stava rischiando la nostra stessa identità italiana, la quale infatti viene costantemente messa oggi alla berlina nelle sue più profonde convinzioni (crocifisso, radici cristiane dell’Europa e quant’altro) dalle stesse Istituzioni europee?
È finita un’era. È finito un ciclo politico, personale e quindi umano. Forse che la soluzione a tutti i guai di S.B. sia la cosa più semplice? Dare ragione a chi lo attacca. Defilarsi, ritirarsi e far venir meno le motivazioni dei detrattori. Ragionare come con i matti: “ Sì, hai ragione.” “Sì, sono un corruttore di giudici e di arbitri internazionali. Sì, sono un ladro di diritti televisivi. Sì sono colluso con la Massoneria e i soldi per iniziare le mie attività me li ha dati una Banca che li prendeva dal riciclaggio del denaro mafioso. Sì sono un eterno infedele al quale piace andare a letto con donne molto più giovani di me, specialmente bionde, ed organizzare festini e party con prostitute professioniste, anche nei luoghi di ricevimento formale, facendo vedere tutta l’importanza dei miei soldi e della mia posizione.” Ammettendo tutta, ma proprio tutta la verità S.B. non farebbe altro che dare un ritratto neanche troppo funesto della propria immagine e, soprattutto, darebbe di sé l’immagine che tutti avevano di lui quando lo hanno fatto vincere le elezioni. Un’immagine nemmeno troppo lugubre rispetto ai personaggi che popolano i decisivi posti di potere in tutte le istituzioni Mondiali (F.M.I. in testa).
Finito il personalismo da dove ripartire? Dal popolo. Ma chi lo conosce il popolo? Prima di partire, prima di avanzare idee e progetti, per evitare di fare la fine dei partiti ideologici e del tecnicismo personalista berlusconiano, occorre prima stare in mezzo al popolo. Stare in mezzo alla gente. Nelle strade, nei quartieri, nelle officine meccaniche, nei super mercati, negli uffici postali. Stare lì con le casalinghe, i disoccupati, i troppo occupati a cui non interessa niente, fuorché il lavoro e il fine settimana lungo con il ponte e le ferie. Bisogna stare lì insieme a loro. Insieme all’umanità più varia e più vera. Occorre partire dal popolo reale. Quello che guarda il grande Fratello o Amici, ma che non parteciperà mai ad un'indagine demoscopica. Quello che compra al mercato e che guarda le vetrine delle boutique. Insomma, partire dal popolo… Partire dal basso. Anzi no. Partire dal popolo non è partire dal basso. È partire dall’alto. Sì. Dal vertice di ogni potestà politica. Il popolo. La gente. La singola persona. Fonte inesauribile di diritti, di ragioni, di bisogni.
La fine dell’era di S.B., la fine di ciò che è il berlusconismo, con il suo personalismo e la sua contabile vacuità, può dare un’opportunità seria e sincera a chi ha a cuore l’attenzione al popolo, a chi ha a cuore quel valore così bistrattato e dimenticato che si chiama Bene Comune.