lunedì 30 maggio 2011

bozza di un discorso politico

San Benedetto del Tronto, 30 maggio 2011.

Storia della fine di un’era. Storia della caduta di un Impero. Di un’idea. Di un uomo. Di un progetto. “Che un uomo solo possa fare quello che un Paese non riesce a fare”. S.B. è stato più che un uomo politico, un’idea. La rassicurante idea che bastasse la capacità di una persona a risollevare il problema del Paese. E questo popolo italiano, come già in passato troppo spesso è accaduto (da Federico II a Napoleone, a Mussolini), per 17 anni si è lasciato cullare dall’illusione che la capacità di un solo uomo bastasse a migliorare la vita di tutti. E per 17 anni il popolo italiano si è cullato dietro il “sogno berlusconiano”, dietro il “miracolo italiano” dell’uomo che si è fatto da solo (con i suoi compromessi) e che ad un certo punto ha deciso di rifare l’Italia.

S.B. è stato sconfitto. Sconfitto nella maniera più bruciante: ha perso doveva doveva perdere (come qui a San Benedetto, nelle Marche, in Emilia Romagna e in Piemonte), ma ha straperso dove doveva vincere. Ha stra-perso con percentuali bulgare nelle due grandi città dove tutta la sua influenza personale e personalistica avrebbe dovuto confermare la sua immagine e la sua popolarità: Milano, la sua città, la città che da vent’anni lo proclama e lo blandisce, la città alla quale ha regalato l’onere e onere di organizzare l’Esposizione Universale del 2015; e Napoli, la città dell’intervento diretto del Presidente operaio, la città onorata di ben 3 sedute del Consiglio dei Ministri, la città che doveva personalmente ripulire dall’immondizia lasciata dai governi di sinistra.

Oggi non ha perso il PDL, ha perso Berlusconi. Anche perché il PDL non può perdere, per il semplice fatto che il PDL non esiste. È stato nient’altro che un’invenzione di quest’immagine di politico dell’immagine che è S.B.

Ed ora non possiamo altro che guardarci i titoli di coda di un film passato per troppe volte in televisione.

È la fine. THE END. La fine di un modo stesso di fare la politica, tutta incentrata su di sé, sulla propria immagine e reputazione. Una politica non fondata sulle idee (ah, le tanto bistrattate idee, diventate merce da macello dell’ideologia!), ma fondata esclusivamente sulla comunicazione di una persona. E non tanto di una persona per come è: ma dell’immagine che una persona riesce a dare.

La fine di S.B. segna la fine della politica degli ultimi 17 anni. Segna la fine di questa immagine di politica tutta centrata su di sé, sull’immagine di sé. Tutta centrata sulla propria affermazione personale, indipendentemente da ciò che si afferma. La politica dei nomi dei leader nei simboli di partito. La politica dei Porta a Porta e dei Matrix, dei Ballarò, degli Annozero e degli Infedeli, della passerella mediatica per l’affermazione di tutto e del suo contrario pur di apparire nell’agone politico. La politica degli eletti nominati dall’alto dai padri padroni scritti nei simboli di partito, che non conoscono nemmeno chi li vota.

La fine di S.B. segna la fine di tutto questo mondo, che possiamo veramente chiamare Seconda Repubblica.

E chi ha vinto non dovrebbe gongolare. Non dovrebbe gioire. Perché la sconfitta di S.B. segna la sconfitta anche di loro. Segna l’inevitabile loro tramonto, perché mette in luce l’assenza di una qualunque alternativa. L’assenza, incancrenita in 17 anni, di una qualsiasi idea di Bene Comune e di idea positiva per il popolo.

Gli ultimi 17 anni sono stati caratterizzati da due coordinate politiche: il personalismo narcisistico di leader di vario livello; il rigorismo tecnocratico del rispetto dei conti pubblici dei vari ministri delle finanze. Dentro a questi due confini, non poteva esistere nient’altro: e quindi da una parte le tasse per entrare in Europa, dall’altra le leggi ad personam per assicurarsi l’impunità; da una parte il decentramento amministrativo per sgravare lo Stato di costi, gravando così gli enti locali; dall’altro il Federalismo secessionista che desidera un nuovo centralismo locale, per l’affermazione del leader locale di turno. Esempi concreti?

- Tasse per entrare in Europa: vi ricordate quando il condottiero S.B. organizzò il “Dies IRAP” contro la tassa sulle attività produttive voluta dai governi di sinistra per permettere un maggior gettito alle casse dello Stato e permettere il rispetto dei parametri del’Unione Monetari? Bene nei successivi dieci anni di Governi presieduti da S.B. tale tassa non è stata mai toccata, diminuita o soppressa, tale è la fame di pareggio dei conti pubblici che anima il rigorismo politico economico italiano;

- Leggi ad personam: non mi riferisco solo a quelle di cui si accusa S.B. per assicurarsi l’impuntà dai processi penali ai quali è sottoposto, ma anche e soprattutto quelle ben più gravi che hanno permesso ad aziende morte e praticamente fallite, come Alitalia e Fiat di sopravvivere grazie il contributo di tutti: vi ricordate gli incentivi per le auto? Ora Fiat sta finalmente uscendo dai mercati italiani vendendo il mercato italiano dell’auto a General Motors, dopo che, al contrario ha fatto chiudere centinaia di aziende dell’indotto (anche miei amici e conoscenti sono finiti nel calderone), semplicemente non pagandoli. Vi ricordate poi il “carrozzone” Alitalia? Con una bella legge “ad aziendam” abbiamo permesso che i debiti di Alitalia fossero pagati dallo Stato (rectius, dalle tasse del popolo) e che la stessa azienda semplicemente cambiando nome momentaneamente si ripulisse di tutti i propri debiti, fornendo utili milionari agli investitori del momento, senza tra l’altro le conseguenze negative (ad esempio la bancarotta), che accadono per tutte le altre aziende;

- Il decentramento amministrativo: la grande idea di Bassanini di delegare funzioni dallo Stato alle Regioni e dalle Regioni agli Enti locali. In questo modo l’effetto prodotto è stato bellissimo: alle Regioni è finita la competenza in materia di sanità, senza che queste avessero una adeguata classe dirigente capace di gestire il servizio pubblico più importante di tutti (tutela della salute), dall’altra la costituzionalizzazione del solo decentramento amministrativo ha moltiplicato soltanto il contenzioso e la confusione costituzionale, producendo una paralisi nello sviluppo delle autonomie locali e trasformando l’intero mondo degli enti locali in un sistema di drenaggio di soldi pubblici e un sistema di Enti paralleli agli Enti tecnici, con duplicazione di costi e sprechi, cosicché l’Assessorato alla Sanità fa le stesse cose che fa l’Azienda Sanitaria Regionale; questa fa le stesse cose che fanno le Province, le quali fanno le stesse cose che fanno le Università e le Scuole, le quali si trovano a dialogare in tavoli con Comuni, Ambiti Sociali e tavoli di concertazione sindacali, ecc.;

- Il federalismo poi è l’ultima boutade di un modo di far politica personalistico e localistico, tanto caro agli amministratori del Nord, che non fanno altro che portare alle spasmodiche conseguenze il metodo politico brianzolo di S.B. “Ghe pensi mi!” Infatti i promotori del c.d. federalismo, a parte qualche nobile padre che cerca di “valorizzare il dente di cane morto”, altro non sono che politici navigati che capiscono che aumentare le competenze in mano agli enti locali, fa aumentare la loro personale visibilità e, pertanto, fa aumentare la loro possibilità di perpetrarsi nei posti di visibilità mediatica. Basti guardare alle recenti polemiche sullo spostamento dei ministeri fuori Roma, che è una proposta che non c’entra niente con il Federalismo (negli U.S.A. le sedi dei dipartimenti sono tutte a Washington e non sono sparpagliate per l’intero stato federale; diverso è il caso della Germania che però nasce da un’esperienza di recente divisione poi riunita e che comunque sta riportando tutte i centri amministrativi a Berlino), ma che è solo l’estremo tentativo di darsi una visibilità locale, un modo per non perdere posizioni.

Insomma, nel continuo spostamento di attenzione, tra personalismo politico e tecnocraticismo contabile (in una battuta si potrebbe dire dire che negli utlimi 17 anni l’Italia è stata governata da nani, ballerine e ragionieri!), quello che si è perso è il popolo. Si è perso il contatto con la vita concreta. Con i problemi e con le soluzioni che la vita concreta sempre suggerisce. Si è perso tempo. Confindustria dice che si sono persi 10 anni. In realtà se ne sono persi almeno 30. Dal tramonto di un sistema di rappresentatività del popolo fondato sui partiti antifascisti, alla lunga e ancora non conclusa stagione di S.B. (che però è innegabile stia tramontando essa stessa), quello che è stato perso (da chi si candida alle elezioni) è proprio il senso del popolo: il senso dell’appartenenza ad un popolo, ad una storia, ad una tradizione, ad una vita concreta, fatta di strada, di dialogo, di comunicazione non virtuale, di file al supermercato o alla posta, di passeggiate su un lungomare, di lavoro perso o rimandato per scrivere pensieri in un computer. Si è perso il senso del “popolo popolo”. Ovvero si è perso il contatto con chi veramente è il protagonista di ogni sistema politico (anche autoritario o dittatoriale moderno).

E la storia in questo è spietata nel suo costante insegnamento: quando il potere politico perde contatto con il popolo, quando si perde la percezione di come il popolo vive e si muove, di cosa il popolo vuole e fa, quando il potere politico perde questo contatto (basti pensare alle monarchie assolute dell’era moderna, o alle dittature massoniche del centro-sudamerica o infine alla povertà e alla guerra perenne, conseguenze del colonialismo selvaggio del Otto-Novecento), il popolo può solo scegliere la via più semplice e più istintiva e pertanto, o lasciarsi nel lassismo più completo fino all’autodistruzione (come avviene nelle ricche e disperate demoscrazie occidentali ed europee), oppure può affidarsi al magistrato giacobino di turno, si chiami Robespierre, Lenin, Mussolini o Di Pietro, il quale con brutale semplicità non fa nient’altro che offrire (come Nerone duemila anni fa) al popolo ciò che essi chiedono in superficie per poi riprendersi con gli interessi quello che il popolo ha offerto, in contraccambio: la profondità della propria dignità e la propria libertà.

Sto esagerando? Forse sì. O forse no. Forse non esageravano quelli che criticavano il modo con cui Mussolini, “legalmente” andò al potere con il plauso di tutti i ben pensanti dell’epoca, in quanto questi vedevano in lui il “male necessario” per ripristinare l’ordine?

Forse non esageravano quelli che criticavano il “tecnicismo al cetriolo” dell’Europa Unita, dicendo che si stava rischiando la nostra stessa identità italiana, la quale infatti viene costantemente messa oggi alla berlina nelle sue più profonde convinzioni (crocifisso, radici cristiane dell’Europa e quant’altro) dalle stesse Istituzioni europee?

È finita un’era. È finito un ciclo politico, personale e quindi umano. Forse che la soluzione a tutti i guai di S.B. sia la cosa più semplice? Dare ragione a chi lo attacca. Defilarsi, ritirarsi e far venir meno le motivazioni dei detrattori. Ragionare come con i matti: “ Sì, hai ragione.” “Sì, sono un corruttore di giudici e di arbitri internazionali. Sì, sono un ladro di diritti televisivi. Sì sono colluso con la Massoneria e i soldi per iniziare le mie attività me li ha dati una Banca che li prendeva dal riciclaggio del denaro mafioso. Sì sono un eterno infedele al quale piace andare a letto con donne molto più giovani di me, specialmente bionde, ed organizzare festini e party con prostitute professioniste, anche nei luoghi di ricevimento formale, facendo vedere tutta l’importanza dei miei soldi e della mia posizione.” Ammettendo tutta, ma proprio tutta la verità S.B. non farebbe altro che dare un ritratto neanche troppo funesto della propria immagine e, soprattutto, darebbe di sé l’immagine che tutti avevano di lui quando lo hanno fatto vincere le elezioni. Un’immagine nemmeno troppo lugubre rispetto ai personaggi che popolano i decisivi posti di potere in tutte le istituzioni Mondiali (F.M.I. in testa).

Finito il personalismo da dove ripartire? Dal popolo. Ma chi lo conosce il popolo? Prima di partire, prima di avanzare idee e progetti, per evitare di fare la fine dei partiti ideologici e del tecnicismo personalista berlusconiano, occorre prima stare in mezzo al popolo. Stare in mezzo alla gente. Nelle strade, nei quartieri, nelle officine meccaniche, nei super mercati, negli uffici postali. Stare lì con le casalinghe, i disoccupati, i troppo occupati a cui non interessa niente, fuorché il lavoro e il fine settimana lungo con il ponte e le ferie. Bisogna stare lì insieme a loro. Insieme all’umanità più varia e più vera. Occorre partire dal popolo reale. Quello che guarda il grande Fratello o Amici, ma che non parteciperà mai ad un'indagine demoscopica. Quello che compra al mercato e che guarda le vetrine delle boutique. Insomma, partire dal popolo… Partire dal basso. Anzi no. Partire dal popolo non è partire dal basso. È partire dall’alto. Sì. Dal vertice di ogni potestà politica. Il popolo. La gente. La singola persona. Fonte inesauribile di diritti, di ragioni, di bisogni.

La fine dell’era di S.B., la fine di ciò che è il berlusconismo, con il suo personalismo e la sua contabile vacuità, può dare un’opportunità seria e sincera a chi ha a cuore l’attenzione al popolo, a chi ha a cuore quel valore così bistrattato e dimenticato che si chiama Bene Comune.

venerdì 9 aprile 2010

rovine di un tempo... grandiose rovine!!!


Il sangue dei martiri che sgorga copioso
a irrigare le pietre d'un trionfo funestoso,
fermenta un popolo che la Croce brandisce,
un popolo silente che in preghiera ingigantisce
le pietre indomate plasmando Bellezza,
dettagli di natura d'incauta grandezza.

Il sangue dei martiri: orgoglio dei vinti,
per una Croce sbranati, per una Croce sospinti
al trionfo regale d'un barbaro Imperatore
che nel sangue proclama la vittoria dei vinti.

Ma s'odono ancora tra le pietre silenti
 di teneri fanciulli condotti come armenti
al macello circense per il lazzo della gente
stringendosi l'un l'altro, reciproca sorgente
sgorgante nel pianto, la libera prece
alla scelta di Dio che muore sua una Croce,

per purificare il sangue del loro Cuore,
unico vero trionfo, la vittoria dell'Amore
che da una Croce s'inchina per governare
anche a dispetto di ogni Imperatore.

venerdì 12 marzo 2010

Speranza fugace speranza che fuggi!


Oggi venerdì 12 marzo 2010 ho inviato l'accettazione del contratto di Edizione per il mio Martino e l'Anarchico...
Signore, perché questa tristezza che stringe il mio cuore?
Signore, perché in quest'ora 
ove quello che desidero
timidamente s'incammina al suo compimento,
l'unica cosa che rimane 
è la bocca amara d'una strana sensazione di
Solitudine immensa?

giovedì 21 gennaio 2010

Con il sole in fronte_10



CON IL SOLE IN FRONTE…

Riduzione teatrale di Andrea Collina, dal racconto “Il Decimo Clandestino

di Giovannino Guareschi
Finisco qui di tediarvi ulteriormente con la bruttura di questa riduzione teatrale.
Che chiunque legga questa cosa mi perdoni di tanta presunzione...
Che Giovannino da lassù mi perdoni per aver utilizzato il suo genio per il mio piccolo angolo di desolazione...
Che Dio mi perdoni per tutto quanto ho fatto e farò in questo angolo di virtualità...
... SEGUE

(Buio. Solo una luce sul quadro. Marcella e i Clandestini vanno dietro al telo e, in trasparenza si vedono tutti i loro movimenti. Sul palco rimane da sola la Signora che si stringe in petto il medaglione e si siede sul lettone).

Signora: Andate, nove piccoli clandestini.

Godetevi il calore di un amore che sboccia a Primavera.

Andate nove boccioli di Primavera nei campi

dai quali siete stati tratti e con amore e sudore coltivati.

Io sono qui. E sarò qui ad attendere…

Ad attendere dietro una tenda… O dietro uno spioncino…

Dalle stanze chiuse del mio dolore… Dal buio della mia nostalgia…

Io attenderò voi. Andate e tornate portando un po’ di questo calore di Primavera,

che sciolga il gelo di queste fredde stanze.

Andate e tornate portando nel mio cuore una inattesa Speranza.

(Pausa. Si abbassano le luci. Rimane ben illuminato solo il telo trasparente).

Ecco che le luci della sera succedono eterne alle luci del giorno…

E il mio cuore ancora vi attende…

(mentre la Signora parla Marcella e i Clandestini passano al buio dietro il telo illuminato, mostrando solo la propria ombra)

Eccovi che silenziosi entrate.

Eccovi che discretamente e amorevolmente portate l’Imprevisto di questa nuova Primavera…

Ecco la dignitosa e coraggiosa madre (passa Marcella)…

Ecco il clandestino più piccolo, aggrappato alla sua sottana…

Clandestino due…… Clandestino tre…… Clandestino quattro……

Clandestino cinque…… Clandestino sei…… Clandestino sette…… Clandestino otto…… Clandestino nove… Clandestino…

(entra nell’ombra un altro bambino. Ed è l’ombra di un bambino completamente diverso da tutti i nove clandestini. E, arrivata al centro dello schermo luminoso della finestra, l’ombra sosta e alza un braccio e agita la mano in segno di saluto. Sì: saluta proprio lei. Proprio la Signora. Il decimo clandestino saluta, e poi seguita la sua strada e esce dallo schermo e diventa un’ombra nell’ombra. La Signora si gira verso il ritratto e si scioglie nella commozione. Inizia in sottofondo e prosegue ad libitum fino alla fine della scena “Voglio vivere così”)

… Il decimo clandestino… Proprio TU…

Quanto ti ho atteso… Da sempre nelle lacrime Ti ho atteso…

Ho atteso sempre Te, che eri da sempre presente.

Una presenza calda e amorevole.

Raggio di sole di Primavera. Bocciolo di Primavera appena piantato.

Piantato e per sempre presente.

Presente nel mio Amore.

Misteriosa Presenza che mi riempie di serenità.

(La Signora balla stringendo in petto il suo medaglione. Sipario)

FINE

lunedì 18 gennaio 2010

Con il sole in fronte_9


CON IL SOLE IN FRONTE…

Riduzione teatrale di Andrea Collina, dal racconto “Il Decimo Clandestino

di Giovannino Guareschi

III ATTO

... SEGUE

Scena 1

(Buio. Si sente rumore di passi. Sotto un materasso, si nascondono tutti i Clandestini, tranne la più grande,  coperti dalla lunga coperta. Si sente bussare ad una porta.)

Signora: (ancora non in scena) Apritemi! Sono la padrona di casa!... (Pausa) Chi c’è lì dentro?… Bambina! Apri immediatamente o chiamerò i carabinieri. Sono la padrona di casa. Spicciati!

(La Signora entra dal lato sinistro. Davanti a lei Cesarina indietreggia)

Signora: (puntando il dito in modo accusatorio) Chi sei tu?

Cesarina (balbettando, intimorita) Sono…  la nipote della mamma...

Signora: (con fare beffardo) Ah, sì! La nipote della mamma! (guardandosi intorno). E gli altri? (La Signora inizia a camminare per tutta la scena aprendo tutti gli sportelli degli armadi)

Cesarina: (ancora balbettando) Ci sono… soltanto io.

Signora: (con sprezzo) Sì… Sì… soltanto… tu… (La Signora continua a guardarsi intorno, aprendo tutti gli sportelli che incontra. Si dirige verso il letto. Solleva la sovraccoperta. Si china…poi con soddisfazione) Presi!... (urlando) Fuori tutti!... Ho detto fuori tutti!

(I Clandestini escono uno alla volta intimoriti e si posizionano uno a fianco all’altro al centro della scena al fianco di Cesarina)

Signora: (come finendo un conto iniziato mentalmente. Poi gridando) Nove! Siete in nove o ce ne sono degli altri sotto il letto?.

Clandestini: (facendo insieme il segno con la testa e rispondendo in coro) No!

Signora: (ancora gridando con fare anche sarcastico) E siete tutti nipoti della mamma?

Clandestini: (facendo insieme il segno con la testa e rispondendo in coro) Si!

Signora: (sempre gridando) Come avete fatto a finire qui dentro… (I Clandestini rimangono immobili e non dicono niente)… Non mi dite niente?... Bene. Aspetterò chi ha organizzato tutto questo scherzo….

(La Signora si siede sul letto. I Clandestini non si muovono dalla loro posizione. Entra in scena Marcella con tre pesantissime buste della spesa. Guardando la scena lascia cadere tutto il contenuto con fare disperato)

Signora: (con sarcasmo, però questa volta con calma) Lei, dunque, sarebbe la vedova senza figli che, qualche mese fa, mi ha chiesto questo appartamento in affitto!?

Marcella: (allargando le braccia costernata)… Sì…

Signora: Benissimo. Nel contratto c’è tanto di clausola. (Pausa) Però… Cosa succederà? Io le intimerò di lasciare la casa e lei, allora andrà a raccontare il vostro caso al direttore del settimanale comunista della città e, fra qualche giorno, noi leggeremo che la sottoscritta, rappresentante della borghesia corrotta e sfruttatrice, vuol cacciare sul lastrico una povera donna con ben nove tra figlioletti e figliolette, eccetera eccetera. (ora con disprezzo) Alla faccia della cretina che l’ha giudicata una brava e semplice ragazza di campagna!

Marcella: (scuotendo il capo e con risentimento) Signora. Io sono una donna perbene e vengo da una famiglia perbene. Io non vado da nessuno. Io non faccio pagliacciate e non chiedo pietà e protezione a nessuno. (Pausa. Poi con fare un po’ sornione) Le dico semplicemente: vi siete mai accorti Signora, in questi cinque mesi, che qui ci sono nove bambini?

Signora: (un po’ sorpresa dal tono di Marcella) No. (poi con durezza) Però me ne sono accorta oggi.

Marcella: (con decisione) Faccia finta di non essersene accorta, allora. Noi continueremo a vivere come abbiamo fatto fino ad oggi, senza dar fastidio né a lei né a nessun altro della casa. (dopo una pausa) Appena avrò trovato una casa adatta a noi, me ne andrò con tutta la banda. (Con solennità) Se vuole glielo metto per iscritto.

Signora: (alzandosi dal letto e dirigendosi verso l’uscita di scena) Sta bene. Ne riparleremo.

(La Signora esce impettita. Marcella si butta a sedere sul letto e i Clandestini le si stringono intorno abbracciandola. Buio)

 

Scena 2

(Sul palco al buio, in penombra i Clandestini si preparano per andare a letto. Si tolgono gli abiti e sotto portano i pigiami. I Clandestini più piccoli vengono aiutati da quelli più grandi e si infilano nel letto. Marcella esce. Rientra in camicia da notte e si infila anche lei nel letto. Poi si fa completamente buio. Davanti al telo trasparente viene chiusa una tenda. Le luci si accendono una alla volta. Si sente bussare alla porta)

Signora: (ancora fuori scena. Con autorità) Sono la padrona di casa. Apritemi!

(Cesarina si alza. Si avvicina al lato sinistro del telo. Si accendono tutte le luci ed entra la Signora. Marcella si mette seduta sul letto e gli altri clandestini rimangono sotto le coperte).

Signora: (con freddezza) Buon giorno.

Marcella: (con imbarazzo) Buon giorno, Signora. Scusate se ci trova così. È il nostro giorno di libertà… (poi alzandosi dal letto e porgendo una sedia) Prego, accomodatevi.

(Una alla volta, sbucano fuori da sotto l’arruffio delle coperte le testoline dei clandestini e pare un giardino nel quale sbocciassero fiori. La Signora guarda con una smorfia lo strano spettacolo, poi apre con un gesto energico la tenda e scopre il telo trasparente).

Signora: È una domenica piena di sole con un cielo limpido e azzurro. (con asprezza) L’aria, il sole e il cielo non sono mica miei. Sono di tutti. (Pausa) Anche degli inquilini bugiardi!

Marcella: (con lieto stupore)… non so se ringraziarvi… o temere…

Signora: (interrompendola bruscamente)… Non si preoccupi. Non ho detto niente a nessuno. Neanche a mio marito…(poi, quasi con imbarazzo) Vi ho visti…  L’altra sera… La sera della terribile scoperta. Almeno cento volte sono andata a spiare tra i tendaggi della finestra per vedere cosa succedeva quassù. Ma ho sempre visto le due finestrine deserte e le tendine completamente abbassate e immobili. Ho dormito agitatissima, quella notte, e alle cinque ero già di guardia, dietro lo spioncino che dà sul ballatoio. Alle sei l’ho scoperta che, seguita da tutta la banda, scendeva in punta di piedi trattenendo il fiato. Ho passato la giornata nervosissima e non ho mollato mai, nel pomeriggio lo spioncino: volevo sapere come facessero a rientrare questi piccoli dannati, e così sono stata costretta a rimanere lì fin verso la mezzanotte per saperlo. Allora ho intravisto nella penombra della scala la schiera silenziosa dei clandestini salire in fila indiana. Come fantasmi. E lo stesso è accaduto ieri, che era sabato. (Pausa. Poi con una strana serenità). Poi oggi, che è domenica, alle sette, ero già dietro la finestra a guardare in su. Ma le due finestrine della soffitta erano deserte. Ho guardato su venti volte e non ho trovato niente cambiato. Allora ho deciso di salire qui per vedere… Volevo sapere perché con questo cielo azzurro e questo sole dorato diciotto occhi non fossero all’insù attaccati alla finestra a stupirsi del cielo!

Marcella: (costernata, guardando per terra) Mi dispiace di avervi arrecato tanto disturbo… Ora è meglio che prepari…

Signora: (interrompendola bruscamente)… Per adesso favorisca smetterla anche con la commedia dell’uscita all’alba e del rientro a mezzanotte.

(Una luce illumina il quadro appeso sul alto destro del palco. Marcella si ferma un attimo a guardare. Cesarina si avvicina alla mamma e le dice piano)

Cesarina: Guarda mamma… Quel bimbo è uguale a quello che sta sul medaglione della Signora!

(La Signora si stringe al petto il medaglione. Marcella la guarda con vergogna. La Signora si gira per evitare di farsi scoprire in preda all’emozione).

Marcella: (balbettando con imbarazzo): Mi dispiace...

Signora: Cosa le dispiace? Le dispiace di avere nove figli e tutti vivi e sani?

Marcella: (con gravità) Sissignora. (Pausa) È la prima volta, nella mia vita, che mi dispiace di averli.

Signora: (brusca ed emozionata) Non dica stupidaggini! (Pausa) E, oggi pomeriggio, li porti a spasso.

(Buio. Solo una luce sul quadro. Marcella e i Clandestini vanno dietro al telo e, in trasparenza si vedono tutti i loro movimenti. Sul palco rimane da sola la Signora che si stringe in petto il medaglione e si siede sul lettone).

CONTINUA....

venerdì 15 gennaio 2010

progetto e schema per una nuova opera

Tre cantiche, o tre parti, o tre capitoli o qualcos'altro.
la pretesa dell'uomo moderno di spiegare ogni cosa, ogni aspetto della vita. La pretesa di sapere come andrà a finire. La pretesa di decidere come andrà a finire.
La grande presunzione di LUCIFERO. La grande presunzione di ADAMO. 
Si spiega davanti a me uno schema. Un'idea. O forse semplicemente una proposta. 
Di un poema. Del più grande poema.
Di un romanzo. Il più grande romanzo.
I cantica o Libro o  capitolo/ L'Inferno della Ragione
Un nuovo viaggio per un un nuovo Dante. Un Dante scettico. Razionalista. Volutamente mistificatore e mai misticheggiante. Il più grande esponente della cultura del suo tempo. Il più grande oratore e il più grande ed erudito studioso e studiante. 
L'antimistico per eccellenza. Colui che si è proposto e ci è riuscito a dimostrare che Dio non esiste e che tutto è prodotto della ragione dell'uomo.
L'antimistico che ha dimostrato ed è riuscito a dimostrare  che Dio non può essere il Padrone del mondo perché il mondo è creazione dell'uomo e l'uomo lo costruisce e lo domina.
L'antimistico che ha dimostrato e dimostra in tutto il mondo che non esiste niente che l'uomo e la sua Ragione non può controllare. Persino il tempo....
Sì il tempo.... Ma come il tempo non si può controllare... e invece sì. La vecchia idea del viaggio nel tempo che si trasforma e si trasfigura. E' possibile viaggiare del tempo. E il nuovo Dante, con il suo studio, la sua cultura, la sua leale e bellissima sincerità, ci è riuscito. 
La macchina del tempo viene prodotta in unico e costosissimo esemplare nei laboratori e nelle fabbriche dell'Occidente sempre più in preda alla terribile competizione per il dominio del mondo con il Dragone cinese. Ma la macchina del tempo non serve a scopi economici o bellici.
No nel mondo ormai pacificato da una sonnecchiante ragione, la macchina del tempo serve per far superare all'uomo l'ultimo suo baluardo, l'ultima barriera da superare per la completa liberazione. Sì la liberazione dell'uomo dalla superstizione di Dio... Dopo che la storia e l'economia aveva provveduto a togliere a Dio tutto, il dominio sulla politica, il dominio sulla natura, il dominio sulla coscienza, ai superstiziosi mancava solo una cosa da tenere per dio: il dominio sul tempo, che l'uomo può misurare ma non può manipolare e non può creare. Invece, la ragione dell'uomo è diventata così grande e potente che finalmente la macchina del tempo è arrivata, costruita e realizzata. L'uomo è padrone del tempo e della Storia, Dio può essere messo in esilio... Eppure ancora un'ultima resistenza... Ancora un'ultima ragione di chi ragione non ne ha. Sì puoi viaggiare nel tempo, ma questo non cambia che c'è stato un uomo chiamato Gesù che senza studi o scienza, il tempo l'ha definitivamente sconfitto morendo e risuscitando e questo è un fatto vero accaduto 2000 anni fa e che viene documentato e testimoniato dalla storia e da ogni giorno. Quel Gesù è vissuto. Quel Gesù vive ora nella stessa maniera. Quel Gesù è Dio. Dio esiste e sarà sempre il dominatore del mondo.
Per sconfiggere quest'ultima resistenza il novello Dante inizia il suo viaggio. Stabilire definitivamente il dominio dell'Uomo e l'inesistenza di Dio dimostrando la falsità di tutto quello che gli ultimi superstiziosi dicono e portando le prove tangibili, verificando di persona che quello che dicono è una pura fantasia.
Inizia il viaggio della pretesa ideologica... Inizia tra il frastuono della gente. Un'ora precisa, un minuto preciso un secondo preciso di un giorno preciso dell'anno 2012 (12h, 12 m, 12 sec 12/12/2012), la grande macchina del tempo, con la sua nanotecnologia biologica fondata sulla antimateria einstaniana, inizia a muoversi e a girare, tra le urla di gioia dei presenti, i flash dei fotografi e i commenti riboanti degli inviati delle testate giornalistiche di tutto il mondo: direzione ora, minuto e secondo preciso del 12/12/dell'anno 23 d.C., riva occidentale del fiume Giordano, Palestina meridionale ore 12 minuti 12 e sec. 12. Dove tutto ebbe inizio...

II Cantica o Libro o Capitolo/Il Purgatorio dell'esperienza
I ipotesi
Il giudizio razionalistico e razionale di un'esperienza carnalmente vissuta a contatto con un gruppo di zotici provincialotti dell'Impero Romano che seguivano uno strano uomo, bello agile, giovane, che guardava e parlava come mai nessuno ha mai parlato. Un'esperienza diretta nel racconto diretti dei testimoni e in tutto quello che il novello Dante guarda e vede. Questi è veramente il Figlio di Dio? Come fa a fare quello che fa? Ma sopratutto, come fa a dire quello che dice? E poi, come fa a guardare come sta guardando in questo momento? Stare con lui. Fare esperienza di Lui con Lui. Con Lui e con la Sua compagnia per cui se vedi un suo compagno vedi Lui. perché se vedi lui vedi il padre, vedi Dio. Ciò che dicono veramente i vangeli sinottici, grazie al testo originale aramaico.
II ipotesi
Il grande razionalista che giudica la pretesa. Giudica e pregiudica quell'uomo che parla dalla montagna, che predica nella sinagoga, che va nel deserto. Prima quello strano messaggio: "Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo". Poi quella colomba che gli si posa sul capo. Poi quei due che lo seguono. Il prof. Dante li segue scettico. non riesce a sentire quello che si dicono. Si danno appuntamento a casa, su in Galilea. Poi quell'uomo va nel deserto. Dante lo segue. E mentre è lì lo sente parlare da solo, da solo o con Chi? E il prof lo tenta. Lo tenta con utte le tentazioni della ragione e del potere dell'uomo. Lo tenta con il potere sulla fame, lo tenta con il potere sulla natura, lo tenta con il potere sull'uomo. Lo conduce a Gerusalemme, sul pennone più alto. "Sta scritto, non tentare il Signore Dio tuo!!!".... Dante si risveglia nella macchina del tempo h 12 m 12, sec. 24 del 12/12/2012. Cosa è successo? Ero lì, a contatto con quell'uomo. Il racconto di quello che è accaduto. Non è possibile, devo ritentare, devo riprovare. 
Cafarnao, scavi archeologici. Sinagoga di Cafarnao. Dante vuole riprovare. Vuole ritentare tutto l'esperiemento perché qualcosa non è partito. Ore 12 minuti 12 secondi 12 del 01/03/2013. Direzione ore 12 minuti 12 secondi 12 del 01/03/0024. Un uomo che parla con autorità. Tutti che ascoltano stupefatti. Dante si siede sui primi banchi, grazie al suo abito farisaico che gli permetteva di entrare ovunque. Ascolta quel rabbi nuovo, provano a dirgli chi è lui, ma il prof. Dante già lo sa, Lui che viene dal futuro già conosce tutta la storia e con fare sarcastico e sferzante gli dice "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio". E il rabbi lo guardò con uno sguardo severo e profondo, come di padre che conosce fino nelle midolla suo figlio e lo sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo." Una forza irresistibile fa  gridare il prof. Dante che si ritrova ancora una volta disteso dentro la macchina del tempo. Ancora un racconto. Ancora un'incredulità. Voglio riprovare. Voglio vedere che cosa succede.
Ogni volta che lo incontra è un'occasione di sfida e di approfondimento della conoscenza. E di stupore. Perché quello sguardo è capace di farlo trasecolare ed ogni volta ritornare al punto da quale era partito. 
Passano tre anni di esperimenti fino all'ultimo, quello decisivo. Direzione Gerusalemme, 14 aprile 2015 ore 12 minuti 12 e secondi 12. Direzione Gerusalemme, monte calvario 14 aprile 26 d.c. ore 12 minuti 12 e secondi 12. Quei tre uomini sulla croce. Il rabbi è in mezzo. Momenti di tensione. Un grido. Il terremoto. La gente impaurita in strada. una pioggia inaspettata. La notizia che il velo del tempio si è squarciato. La frettolosa sepoltura. Il prof. Dante si apposta davanti alla tomba. Il massimo esperimento. Passa un giorno. All'alba del secondo, che per gli ebrei è il terzo, la visione, o meglio l'esperienza della risurrezione. Il rabbi esce glorioso e risorto. Lo guarda. E il prof. capisce. Capisce che Dio esiste. che Dio è quell'uomo. la Grazia della visione di Dio. Arrivano due donne e lui fa "Perché cercate il Signore? E' risorto non è qui!" Entra nel sepolcro e vede quello che vede anche Giovanni. Le bende che avvolgevano il corpo erano ancora adagiate e ordinate come se il corpo fosse ancora dentro. Ma il corpo non c'era. Quel corpo glorioso l'aveva appena guardato.
Torna onfuso verso Emmaus e va in giro con uno degli amici del maestro. Sono confusi, non sanno che dire. Un viandante speiga loro quello che è successo. Si fermano a cena con Lui. E lui lo riconosce, perché nel pane che lui manipola c'è tutta la sua presenza, la sua presenza è lì e lui ne fa esperienza. Epserimento concluso.

III cantica o Libro o Capitolo/Il Paradiso della Contemplazione
Il capitolo finale è il capitolo della testimonianza. Del cambiamento della gioia più gioia. La ragione è ancora più potente. Perché di ragioni il prof. Dante ne ha tante. Ed ora guarda quei superstiziosi e vede che il maestro è lì con loro, in mezzo a loro. Dio esiste. Dio è il padrone del tempo e dello spazio. Dio fa tutto questo, ha fatto tutto questo per lui. Per il genio del razionalismo che diventa il genio della fede, il genio e il testimone.
E il mondo lo condanna, il mondo lo perseguita e perseguitandolo lo rende per sempre unito al Suo maestro.
La macchina del tempo è irrimediabilmente rovinata. I progetti le analisi sono spariti dalle memorie dei  computer e irrimediabilmente compromessi. C'è solo la sua testimonianza. La stessa testimonianza dei suoi amici. L'unica vera ragionevole fonte di speranza e di verità sull'esistenza di Dio!
FINE

lunedì 11 gennaio 2010

Con il sole in fronte_8


CON IL SOLE IN FRONTE… 

Riduzione teatrale di Andrea Collina, dal racconto 

Il Decimo Clandestino” di Giovannino Guareschi

... SEGUE

III ATTO

Prologo

(Buio. Al buio viene montato al centro del palco un lettone con doppia rete matrimoniale e due materassi matrimoniali. Sui materassi, otto cuscini due per ogni lato. Occhio di bue sul telo trasparente. Dal lato destro del telo esce Marcella. Cammina lentamente verso la sinistra del palco. È vestita da lavoro. Ha l’aria molto stanca. Ma  questo non fa cedere di un passo alla sua determinata organizzazione. La scena è tutta in buio e solo un occhio di bue illumina Marcella che cammina solo in avanti.)

Marcella:  Carissima nebbia d’inverno

che avvolgi nel silenzio e nell’ombra tutte le cose,

grazie per la tua discreta amicizia,

per come avvolgi come un manto questi

miei piccoli e assonnati Clandestini,

i loro sogni interrotti e il loro sonno perduto,

in questo inferno cittadino che non vuole la vita.

Carissimo gelo d’inverno,

che chiudi le finestre del mondo curioso,

e non permetti a nessuno di chiedere,

nell’indifferenza interessarsi

a questo brulicare di vita clandestina,

rifiutata dalla durezza della nostra civiltà.

Tutto è programmato.

Tutto è previsto.

Il lunedì. Il martedì. Il mercoledì. Il venerdì e il sabato:

la fuga silenziosa verso la vita normale.

Il giovedì. La domenica: il riposo ristoratore dentro un letto

troppo piccolo e troppo affollato.

Un riposo nel silenzio,

dove anche uno scricchiolio fa raggelare il sangue.

Una vita da fuorilegge,

nel paese dove tutto è legge.

Una vita clandestina,

nel mare gelido dell’indifferenza.

Una vita nel silenzio,

nell’età dove tutto è gioia che grida.

Una vita dove non si può sbagliare.

Una vita dove non si può gridare.

Dove niente può essere sorpresa improvvisa

(si accende una luce)

E improvvisamente… Un raggio di sole appare…

Un piccolo e dolce raggio di sole…

Primo raggio di sole della bella stagione…

Qualcosa che accade.

Un improvviso Imprevisto. E tutto può cambiare…

(si accende un’altra luce e illumina sul lato sinistro del palco la Signora, vestita in una elegantissima vestaglia da notte e con in mano una spazzola, che si pettina i capelli lisci. Mentre parla continua all’inizio a spazzolarsi i capelli. Poi con delicatezza si interrompe, e tiene la spazzola in mano. Solo un occhio di bue la illumina)

Signora: Un raggio di sole appare….

Un piccolo e dolce raggio di sole…

Primo raggio di sole della bella stagione…

Qualcosa che accade.

Un improvviso Imprevisto. E tutto può cambiare…

Anche nell’immobile vita che non cambia mai.

Nulla cambia in questa stanza.

Nulla cambia dietro questa finestra chiusa.

Solo l’eterno ripetersi del ciclo del tempo che mi consuma.

L’eterno ciclo sempre uguale a se stesso.

Sempre spietatamente indifferente.

Ed io… Sempre spietatamente sola.

Questa luce rivela solo un’ombra.

L’ombra della mia vita che scorre dietro una finestra.

Un’ombra che mi assale e mi avvince.

Ombra che pervade ogni mia stanza.

E tutto davanti a me, diventa ombra.

Nulla può cambiare. Neanche per un raggio di sole.

Nulla potrà mai cambiare

nel deserto di solitudine che avvince il mio cuore.

(Si accende la luce che illumina il quadro del II atto. Dopo una pausa la Signora, guardando il quadro illuminato riprende)

Oh! Carissimo sole di Primavera,

ti prego illumina tu l’ombra della mia vita!

Fammi spalancare le imposte del buio della mia stanza!

Fammi respirare la nuova aria della natura che si risveglia!

Pallido sole di Primavera,

scaccia le ombre della mia tempesta.

Illumina e riscalda questo vecchio gelido palazzo,

e fa che possa ri-iniziare a guardare fuori,

verso i tuoi raggi, verso un mondo nuovo di speranza.

Mostrami che posso sperare,

mostrami che ho ancora qualcosa da attendere.

Mostrami che ho ancora qualcosa da amare.

Qualcosa o qualcuno che vinca

questa solitudine senza speranza

e riempia la mia vita della gioia

di una serena presenza.

Voglio affacciarmi ai tuoi raggi,

oh piccolo sole…

Dopo questo gelido inverno di solitudine,

chissà che colore avrà il cielo…

(D’improvviso si accendono tutte le luci. Dietro il telo trasparente si vedono le sagome dei nove Clandestini. La Signora si gira di scatto e guarda nel telo – che è la sua finestra - )

Signora: (gridando incollerita) Orrore!.... Orrore!.... (in crescendo)… Orrore!

Nove piccoli nasi attaccati al vetro della soffitta. E nove paia di occhi all’insù a guardare lo stesso cielo che guardo io! … (Con collera e disgusto)… Non sopporto quei diciotto occhi… (Va nell’altro lato del telo e si mette di traverso come per spiare ciò che già aveva benissimo visto)…Mi sembrano milleottocento… Occhi di invasori… Occhi di usurpatori… Occhi di traditori… Orrore!... Collera!... Tradimento…

(La Signora esce di scena con queste urla. Buio) 

CONTINUA...